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La seconda ondata COVID-19

Angelo Vacca, Antonio Solimando
U.O.C. Medicina Interna Universitaria “Guido Baccelli”, Dipartimento di Scienze
Biomediche e Oncologia Umana – DIMO, Azienda Ospedaliero-Universitaria
Policlinico, Bari

L’emergenza COVID-19, analogamente a molte forme epidemiche, sta seguendo un decorso cangiante e non sempre prevedibile. Il mondo sanitario ha guardato ai nuovi casi di SARS-CoV2 con grande attenzione, leggendoli come il detonatore di una seconda ondata. Tuttavia, parallelamente, è stato percepito come un innesco differente da quello dello scorsi mesi di febbraio-marzo, probabilmente anche in rapporto alla maggiore preparazione a rilevare i contagi efficacemente. Nonostante ciò la strada maestra sembra essere quella della massima allerta, della prudenza, della responsabilità collettiva.
È indubbio che la patologia sta seguendo un andamento interamente diverso da quello registrato lo scorso febbraio-marzo. In base a prove scientifiche, questo dato non può essere attribuito a modifiche virologiche o climatiche. Piuttosto, il cambiamento epidemiologico, interessando una fascia età più giovane, presenta intrinsecamente una severità di malattia più moderata, ma non per questo meno pericolosa in relazione al potenziale innesco di un effetto domino simile a quello già in osservazione nelle altre regioni europee. Infatti, molti giovani sviluppano la malattia in forma asintomatica o paucisintomatica, causando quindi maggiori possibilità di contagio alla popolazione più anziana. Pertanto, ferma restando la natura in parte clinicamente mitigata e di gravità mediamente molto più lieve dei casi invernali, questi casi attuali, difficilmente intercettabili dal sistema di sorveglianza regionale, possono rappresentare un grande rischio per le popolazioni più fragili e per il sistema sanitario nel suo insieme. Concretamente, molti dei casi che osserviamo hanno una malattia lieve, simil-influenzale, e a inizio lento. Ma la malattia può tutt’oggi progredire verso una forma più grave con polmonite, insufficienza respiratoria acuta grave, insufficienza renale e, in alcuni casi, essere letale. Chi si ammala gravemente e presenta difficoltà respiratorie ha bisogno di rapido ricovero in ambiente ospedaliero.
Impegnati in prima linea in questa seconda ondata, possiamo registrare un attuale andamento che prevede che circa il 20-30% dei casi di COVID-19 vengano da noi ospedalizzati e il 5% sviluppi una forma grave di patologia. I tassi di ospedalizzazione rimangono più elevati per le persone di oltre 60 anni e per quelle con patologie sottostanti. Le persone anziane, con più di 70 anni, e quelle con altre patologie preesistenti, come ipertensione arteriosa, patologie cardiache, diabete, malattie respiratorie croniche, neoplasie, ed i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita, trapiantati o in trattamento con farmaci immunosoppressori), hanno maggiori probabilità di sviluppare forme aggressive di malattia. Questo elemento continua a confermarsi anche in questa seconda ondata.
Purtroppo, gli investimenti nella ricerca di base e clinica sono nettamente inferiori in Italia rispetto a Paesi con dimensioni e peso economico paragonabili. Esigui esempi come questa pandemia e la sua seconda onda lunga potrebbero avere la potenza mediatica, sociale e culturale per spronare la comunità medica, scientifica e comunitaria tutta a cambiare questo stato di cose, investendo risorse per la ricerca scientifica a lungo termine. Il momento è opportuno anche perché, in questi mesi, gran
parte dell’opinione pubblica ha compreso che i frutti della ricerca scientifica sono fondamentali non semplicemente per far fronte a situazioni sanitarie emergenziali, ma anche per orientare le condotte delle istituzioni. Parallelamente, sostenere il miglioramento e il potenziamento dei servizi di assistenza e cura extra ospedalieri ed ospedalieri sembra la via maestra, insieme ad una corretta educazione della popolazione, al fine di responsabilizzarla ad affrontare questa sfida del nostro tempo.
E mentre la Gran Bretagna si prepara a nuovi lockdown ed allestisce restrizioni in vigore per 6 mesi, nel panorama italiano e locale i contagi potranno continuare, ma in aumento controllato se verranno prodotti referti immediati e disegnati percorsi dedicati e sempre più efficienti, perseguendo risposte precoci, soprattutto oggi con le scuole finalmente aperte.

Angelo Vacca, MD, PhD

Professor of Medicine
Department of Biomedical Sciences and Human Oncology
Chief Clinica Medica "G. Baccelli"
University of Bari Medical School
I-70124 BARI (Italy)

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e-mail angelo.vacca@uniba.it